Scuola per genitori – Perchè i nostri figli faticano a scuola

Appunti in libertà” del secondo incontro del ciclo “Scuola per genitori”
(Per rileggere il primo articolo, clicca QUI)

Incontro n. 2: Perchè i nostri figli faticano a scuola

(Dott.ssa D. Lucangeli)

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“Pensiamo al momento attuale: cosa ci fa stare bene e cosa ci fa stare male?

Spostiamo la nostra attenzione a quando avevamo 20 anni, a quando ne avevamo 15, alla scuola elementare, ai nostri primi ricordi positivi e negativi. Cerchiamo questi ricordi anche relativamente agli ambienti che abbiamo frequentato: scuola, casa, lavoro… E ora interroghiamoci: siamo sempre la stessa persona? Cosa è cambiato? (interiormente ed esteriormente)

Per capire i nostri figli dobbiamo partire da noi stessi, dalla nostra storia. Così facendo scopriremo che il comportamento di un individuo non è altro che il risultato di un processo evolutivo segnato da infiniti fattori e infinite tappe.
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Ritorniamo a riflettere: cos’è per noi il “benessere”?

Si è in uno stato di benessere quando sono soddisfatti i nostri bisogni.
Il bisogno principale di ogni individuo, e che si è visto essere custodito addirittura nella parte più antica del nostro cervello, è quello di sentirsi amati.
Altri bisogni fondamentali sono: essere in armonia con gli altri, sentirci capiti, sentirci apprezzati, poter essere noi stessi nel rapporto con gli altri, avere salute, bellezza, successo, riuscire a soddisfare i bisogni materiali, sapere che chi ci circonda sta bene con noi, ecc..

Come possiamo vedere sono svariati gli ambiti in cui si trova il “benessere”.. e ogni ambito agisce su se stesso.

Questo significa che se non ho successo al lavoro, tale mancanza non può essere sostituita da una soddisfazione sul campo fisico, e se non vado bene a scuola, tale frustrazione non può essere risolta con l’affetto famigliare.

Se uno degli aspetti importanti della mia via non è in equilibrio, dovrò lavorare proprio in quell’ ambito per tornare in uno stato di benessere.. è inutile cercare sollievo da altre parti! E’ importante affrontare le difficoltà: queste ci saranno sempre nel corso della vita ed è bene imparare a superarle.

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Passiamo ora a riflettere sul “malessere”.

Si ha malessere quando i nostri bisogni non sono soddisfatti, quando c’è assenza di positività, di bene, quando qualcuno ci fa del male, quando le nostre aspettative vengono disattese, quando manca amore!
Solo in piccolissima parte il malessere è dovuto alla mancanza di “cose” o a problemi di natura pratica, il 90% degli stati di malessere è legato alle relazioni!

Sono i legami con le altre persone a segnare maggiormente sia in negativo che in positivo il nostro “IO”.

Quanto più forte è il legame con una persona, tanto più il suo giudizio (o feedback) lascerà traccia su di noi. Alcune persone hanno un’importanza particolare, sono figure di riferimento e di significato, pertanto il loro giudizio per noi è vitale.

Nel bambino le figure di riferimento sono nucleari: mamma e papà in primis, nonni e fratelli poi.
Per molti anni essi agiscono, quasi in modo esclusivo, sulle parti più profonde dell’”Io” di ogni individuo.

Successivamente altre figure subentrano nel compito educativo.
La più importante è l’insegnante, che diventa il punto di riferimento per sviluppare “componenti di crescita” fondamentali della personalità.

Nell’adolescente cala l’eteronomia (riferimento a se stessi fondato sul feedback di soggetti esterni) legata ai genitori ed aumenta quella legata al mondo esterno e ai propri pari.
Gli amici diventano il punto di riferimento principale con il quale confortarsi. Questo “confronto tra pari” è fondamentale nella formazione della personalità.

Il genitore di un figlio adolescente non ha quasi più il potere di insegnare o di imporsi.
Non deve giudicare gli amici del figlio (è inutile che lo faccia), ma solo cercare di aiutare il giovane a percorrere la propria strada.

Se è svogliato e va male a scuola, si può intervenire stipulando patti, dando la propria disponibilità d’aiuto allo studio, ma senza forzare e lasciando al ragazzo l’autonomia e la responsabilità di decidere se e come usare gli strumenti offerti, rendendolo protagonista delle proprie azioni.

Nell’adulto il rapporto con gli altri individui crea l’immagine che ha di se stesso. Anche in età mature ogni persona che si incontra agisce in ambiti e con modalità diverse sull’Io.
Ci sono persone che influenzano la nostra autostima (es famigliari, partner), altre che consideriamo solo per quel che riguarda l’aspetto fisico (es amici), altre solo per per l’integrità professionale (es colleghi), ecc..
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L’uomo ha dei bisogni primari indispensabili alla sopravvivenza: respirare, mangiare, bere, dormire.
Scientificamente è noto come questi bisogni siano regolati dai “Nuclei sottocorticali”, ossia dalla parte più antica del nostro encefalo.
Ma c’è un altro bisogno, anch’esso regolato dai nuclei sottocorticali, senza la soddisfazione del quale l’uomo non può sopravvivere:
il bisogno di essere amati!
Come gli altri bisogni primari, è indispensabile per l’esistenza stessa dell’individuo.

Se manca, l’Io si ammala e si generano disturbi neuro-psicologici che possono portare anche a gesti estremi.

Se essere amati è un bisogno primario, al contrario, “Amare” non lo è.
Questa facoltà è regolata dalla corteccia cerebrale, quindi una parte più recente ed evoluta del nostro encefalo, e per essere realizzata è necessario uno sforzo volontario.

L’adulto deve essere in grado di soddisfare nel bambino il bisogno d’amore impegnandosi attivamente.
Come? Considerando il figlio nella sua individualità, adeguando il comportamento in base al figlio che ha di fronte, al suo carattere, alla sua età, alle sue capacità.
Una madre una volta mi disse: “Ho cresciuto 3 figli nello stesso modo, perché l’ultimo è così ribelle?”
Perché è sbagliato crescere tutti i figli allo stesso modo, essi non sono tutti uguali.

Si può usare la severità, se può esser d’aiuto, o il conforto, dipende dal momento.

Stiamo attenti a come nostro figlio agisce con noi, i suoi atteggiamenti sono il segnale di come sta andando la nostra relazione d’amore.
I nostri figli respirano l’ambiente che li circonda e tutto ciò che noi genitori facciamo ci ritorna in forma rielaborata.
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In famiglia i protagonisti sono i genitori.
Essi agiscono prevalentemente sul piano affettivo. Il genitore deve guidare i figli senza servirli, essere attenti ai loro stati di malessere (diversi dal capriccio e dal vizio) e ai feedback che riceve e prendersi, a volte, anche la propria responsabilità: si può agire sul comportamento sbagliato di un figlio solo partendo da un cambiamento su se stessi.

A scuola la figura di riferimento dei nostri figli è l’insegnante. Esso non agisce sul piano affettivo, ma su quello cognitivo e relazionale e influenza profondamente anche l’autostima del bambino che capisce, nel confronto con la classe, se e come è in grado di affrontare le “richieste di prestazione”.

Gli insegnanti devono rendersi conto di quanto possano incidere sul benessere o sul malessere – presente e futuro – di un individuo.

Si deve essere in grado di bilanciare impegno e fatica, se questo non accade si determina il malessere.
L’impegno corrisponde al massimo sforzo che un individuo può dare, nel benessere, per avere risultati soddisfacenti.
Quando si supera questo livello e la performance richiesta prevede tempi troppo lunghi o è troppo gravosa, subentrano fatica e malessere.

E’ importante che il bambino senta l’alleanza con l’insegnante nel percorso scolastico. Questo non significa che il maestro debba comportarsi da amico o dare voti alti a tutti.
Solo è necessario che gli errori del bambino vengano prontamente segnalati e che, allo stesso tempo, vengano fornite strategie perché possano essere corretti definitivamente.

Il superamento di uno scoglio cognitivo dà fiducia allo studente, aumenta la sua capacità di prestazione e, di conseguenza, la sua autostima.

Ricordiamo anche che “un incoraggiamento vale più di 100 rimproveri”.

Se questa alleanza non si sviluppa (o non viene percepita) e il ragazzo continua a vivere la scuola con malessere, può essere necessario decidere di cambiare istituto.

Risolvere il problema del malessere scolastico è una delle basi della crescita dell’individuo.

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Sono tantissime le figure di riferimento di un bambino, ognuna, nel suo ambito, gioca un ruolo fondamentale.
Non costruiamo barriere tra scuola e famiglia, ma ponti per fornire strumenti e vie nuove per la crescita dell’individuo”

Danila Lucangeli – Scuola per genitori

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